Ne abbiamo parlato, vi abbiamo fatto sentire un suo vecchio divertissement, adesso lasciamo (ancor di più) la scena a lui e ci facciamo raccontare traccia dopo traccia, il suo meraviglioso disco. Dopo Nicolò Carnesi, è la volta di Colapesce. Disco raccontato.
Restiamo in casa
Il presagio, terzo piano, lauree nel cassetto, i suoi occhi, la routine, amore logorato dall’amore stesso, lei fa il bagno, lui guarda la tv, gli alieni arriveranno presto a prendersi anche il silenzio. Avevo in mente i Jesus and Mary Chain a spasso con Bill Callahan per Librino (nota periferia catanese). Una chitarra classica entra in punta di piedi e poi esplode nel ritornello. La prima versione era con percussioni ossessive, organo e cori. Prima o poi la registrerò. A breve uscirà un video in animazione scritto da me e realizzato da Michele Bernardi, noto ai più come “quello del video delle luci della centrale elettrica”.
Satellite
Riserva naturale di Vendicari, terza spiaggia, ore 21.15, lei profuma di estate, il sale sulla sua pelle luccica alla sera, merito di quel gran faro naturale che è la luna. La radio dj paradise “sembra avere capito chi sei” e passa Tell me why di Neil Young. I Real Estate hanno accompagnato le mie lunghe passeggiate a Noto. La immaginavo più dark ed è venuta fuori rosa antico. Strofa e ritornello sono identici, tutto il brano gira su tre accordi che non cambiano mai, tecnica che userò anche altrove nel disco per rendere al meglio l’idea di “vegetazione” e caldo.
La zona rossa
La sinistra è comodamente seduta in una biblioteca del centro e da sentenze dalle scrivanie legno massello. Di rosso resta solo il suo viso stanco. Qui faccio il polemico con una persona che ho amato: si chiama Lorenzo. Town Feeling di Kevin Ayers mi ha ispirato nei temi portanti di chitarra, il gild valvolare degli anni 50’ ha fatto il resto.
Un giorno di festa
Ci ho messo una vita a scrivere questo testo, alla fine avevo 25 strofe, ho fatto un cut delle frasi migliori ed è venuto fuori lui. E’ bello, c’è un uso maniacale delle metrica, nel ritornello la voce si appoggia stanca sulla terza frase “divedere una sigaretta con te è sempre un piacere”. C’è un gran lavoro di batteria (Toti) e basso (Peppe). Il testo è costellato di lievi citazioni, dall’aspirina a Machiavelli. Inizialmente era più acustico, poi poco prima di registrarlo gli abbiamo dato la virata radioheadiana.
Oasi
È uno dei miei brani preferiti, mi ricorda molto Saturday dei Yo la tengo, la mia band del core. Ritornano i personaggi di Restiamo in casa (qui sono più felici). Precari e innamorati. Un lungo viaggio nel ventre della mia terra, fra vulcani, autostrade infuocate, sudore, paypall con poche centinaia di euro e tanta speranza in bocca. Abbiamo usato una CR 78 (la stessa di Saturday appunto) per realizzare la base ritmica, semplice e ridondante per creare l’effetto routine, dei mellotron scordati per rendere al meglio l’idea di “Afa”. La parte delle elettriche l’ho doppiata 5 volte, una sorta di Phil Spector di Canicattini bagni.
Le foglie appese
E’ il brano più anziano del declino, doveva far parte del primo ep Colapesce, poi per una serie di vicissitudini e incertezze testuali non l’ho inserito. Non riuscivo a completare il testo in maniera che mi convincesse, dopo 2 anni di prove è venuto fuori “crolla il tramonto sotto il mare, lo scuro ancora è giovane, e rubo come un criminale, l’ultimo bacio al complice”, mi ricordava Pavese, è bastato a convincermi. Amo da morire l’intreccio di chitarre elettriche, si sento poco ed è solo per ascoltatori attenti.
Quando tutto diventò blu
In gergo “la quota”, è così che si chiamava fino a poche settimane fa, prima di scoprire la graphic novel di Alessandro Baronciani “quando tutto doventò blu” che parla, in linea di massima, di attacchi di panico e paura di reagire. La protagonista ha un lavoro del cazzo che gli da “la quota” per pagarsi a stento l’affitto , l’abbonamento internet, qualche sigaretta e le sedute 2 volte al mese dall’analista. Fra fiori di bach e sesso casuale per “sentire” il proprio corpo, è una lunga cavalcata verso… l’incertezza e l’incapacità di reagire. C’è un quartetto d’archi, diretto da Roy Paci, c’è un ritornello molto National , c’è una spinetta, c’è Ariosto e anche qui c’è una metrica maniacale che fa da regina nella costruzione del significato.
I Barbari
Si nutrono dei tuoi fallimenti, comprano Hogan e sono capaci di ripetere parole come trandy , fashion, suv, minimal fino allo svenimento. Ispirato al B movie Society di Brian Yuzna , parla dell’ennesimo tracollo della civiltà occidentale e dell’arroganza di certi neolaureati figli di papà. Parte del testo l’ho scritta pensando a un “barbaro” di Siracusa, un certo Pucci B.,(Pucci credo venga da Salvatore, pensa te, ometto il cognome per ovvie ragioni) ha ereditato un palazzo dal padre e campa di affitti, è arrogante e si sente in diritto di parlare “troppo”, oltre le sue possibilità, ma credo sappia perfettamente che è un fallito nell’animo. E quando fallisce la tua anima è peggio di avere 30 banche contro, un giorno si renderà conto che nella sua vita ci sono solo le ricevute degli affitti e neanche un biglietto d’amore.
La distruzione di un amore
Fossati capovolto. L’ho cantata alle officine meccaniche di Milano con l’U 47, lo storico microfono usato da De Andrè, l’ho scritta di getto in sala prove e l’ho registrata voce e chitarra, appena Roy l’ha sentita se ne è innamorato e ha voluto inserire, devo dire con grande maestria , delle parti di corno inglese e un quartetto d’archi. L’ha impreziosita con la sua sensibilità, entrando in punta di piedi senza disturbare nessuno, lavorando molto sui vuoti, capacità riservata solo ai grandi compositori. Il testo l’ho scritto in un periodo bello della mia vita, oggi mi risuona quasi profetico, per il resto mi avvalgo della facoltà di non rispondere J.
Sottotitoli
“La stanza diventa una barca”, potrebbe ricordare il primo Gino Paoli, quello di Sassi ed effettivamente è così, solo che l’ho scoperto dopo, il nostro background misto all’inconscio a volte fa brutti scherzi. E’ un piccolo omaggio alla magia del cinema, ho evitato l’eccessivo citazionismo ed ho velato il tutto sotto la nazionalità dei registi o delegato l’omaggio a frasi come “apro la finestra sul cortile”. Ho lavorato moltissimo con Francesco Cantone per quanto riguarda l’intreccio di chitarra elettrica, alla fine è venuta fuori questa parte liquida, che si scioglie nota su nota durante il brano. Il ritornello l’ho sempre immaginato con una voce femminile che mi armonizzasse la principale, sono riuscito a coinvolgere Sara Mazo… cosa pretendere di più?. La prima volta che ho sentito il mix provvisorio con la sua voce, ho quasi pianto rimembrando gli Scisma.
S’illumina
L’ho scritta a casa di Alessandra T. (sono sue le copertine e la grafica dei due lavori Colapesce) in Ortigia, l’isoletta legata a Siracusa da un ponte. Vive al terzo piano di una casa luminosissima, è una delle prime songs scritte ad hoc per il declino. Da quella finestra si vede il mare, il tempio di Apollo ed è a pochi passi dalle “feritoie sanguinanti” del Castello Maniace. I due giovani sul tetto simboleggiano il futuro, “sbircio anch’io”. Sono stato accusato di plagio ai Fleet Foxes da qualche utente frustrato, io gli ho risposto che dovrebbe ascoltare déjà vu di Crosby Still Nash & Young, e poi che ben venga se qualcuno in Italia prova a tirarsi fuori dall’asse Gaetano/De Gregori, violentato ,martoriato e imitato male da 20 anni.
Il mattino dei morti viventi
Il brano preferito da Giacomo Fiorenza e mio padre. Sarà l’età (dopo questa affermazione rischio il linciaggio). Il giro di accordi è nato durante un soundcheck degli Albanopower e da allora non mi è più uscito dalla testa. Il testo ha avuto una gestazione simile a quello di Un giorno di festa, mi sono ritrovato con decine di strofe e poi ho fatto un cut in base alla metrica e al significato. Come in Sottotitoli c’è una struttura circolare “spalanco le finestre come un Re” e “richiudo le finestre come te”. L’idea iniziale era quella di realizzare una playground love italiana, poi mi sono venuti fuori degli assoli alla King Crimson che hanno rovinato (migliorato?) l’embrione romantico.
Bogotà
Il brano più autobiografico del disco. Parla di me e mio fratello che da 5 anni vive in Colombia, a Bogotà appunto. E’ un collage di ricordi della nostra infanzia e adolescenza. Siamo cresciuti a Solarino, un paesino di 7000 anime semplici e abbiamo passato i primi anni della nostra vita a giocare nell’orto davanti casa fra soldatini di bronzo, acqua di rose, biciclette, una video cassetta originale di Nanù il figlio della Jungla, una famiglia ancora integra e poco altro. Chiude il disco, come in apertura ho usato una chitarra classica, anzi per esser precisi la chitarra classica di Manu Chau, che Roy tiene sguinzagliata per gli amici, nel suo splendido studio a Lecce, dove abbiamo registrato gran parte di Un meraviglioso declino.
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