Prima volta in assoluto che facciamo un brano raccontato, ovvero, abbiamo chiesto a Doro Gjat di raccontarci il suo ultimo brano insieme ai Videodreams. Ecco il risultato.
Quassù in Carnia ci sono volte in cui nelle notti di luna piena il cielo sembra illuminato a giorno. Sarà perché l’aria è pulita o perché la neve ad alta quota riflette la luce della luna. O forse un insieme delle due cose. In tutti questi anni ho cercato molte volte di tradurre in musica le sensazioni che mi dà guardare il cielo in notti come quella. E, paradossalmente, ci sono riuscito per la prima volta con un pezzo che si intitola “Ferragosto”, che con la neve ad alta quota c’entra poco e niente. Ironia della sorte, maledetta. La storia che racconto è la storia di lei, rosa dai dubbi e dalle insicurezze, schiacciata dalla monotonia della vita in provincia, che fissa il cielo cercando le risposte a tutti i suoi dubbi lassù, dove i dubbi non arrivano. Perché nella vita di tutti i provinciali arriva il momento in cui si è messi alle strette da una domanda: me ne vado? Nel pezzo non ho voluto dare risposte certe, non ho voluto fare la morale a nessuno; non è un pezzo che ti dice se sia giusto o sbagliato abbandonare amici, affetti, luoghi per andarsene in cerca di lavoro, opportunità e (perché no?) se stessi. Non è mica roba da poco, diciamocelo. Poi, chissà, magari succede anche a te quello che è successo alla lei protagonista di “Ferragosto”: che ti accorgi che “quel legame rimane, non prende ruggine” e che “quando torni in fondo non è un ritorno / Casa resta quella”, le radici rimangono. Sempre e comunque.
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