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Soca meets Afrobeat

“La vertigine ‘dionisiaca’ può comunicarsi e, come abbiamo visto, si comunica, a tutte le differenze, familiari, culturali, biologiche, naturali. La realtà intera è presa nel giuoco, producendo un’ entità allucinatoria che non è sintesi ma mescolanza informe, deforme, mostruosa, di esseri normalmente separati.”
Sono le parole che un famoso studioso, qualche anno fa, utilizzava per descrivere i fenomeni di possessione. Fenomeni che hanno a che fare con rituali, musica, danza, maschere, sangue e violenza, soprattutto collettiva.

Questo tipo di fenomeni accadono per lo più quando due società e culture s’incontrano, lo stesso tipo d’incontro che noi celebriamo con questo mixtape, per salutare la primavera, stagione che più di tutte ha in sé valore iniziatico alla stessa stregua della pratica rituale.
Possessione si diceva, trance e crisi delle differenze, mescolanza tra un polo e l’altro.
Secolarizzando gli aspetti religiosi e cruenti che hanno a che fare con la possessione e con il rito, due cose restano: la musica e la danza, quindi il ritmo.
Il corpo dei danzatori, costituito dalla concentrazione estatica attorno agli elementi del salto, del giro intorno a se stessi e della battuta cadenzata, tengono insieme la struttura temporale (ritmo, si diceva), e tale pratica collettiva dà origine all’accompagnamento musicale che crea in questo modo un forte motivo di coesione tra i partecipanti, coesione nella quale avviene uno scontro o meglio, un abbraccio.
A sinistra il Mar dei Caraibi a destra la Nigeria che si puntano come bestia e torero pronti a ingaggiare un balletto: doppi – rintocchi – battito – polvere – sudore – sangue, doppi – rintocchi – battito – polvere – sudore – sangue, il fuoco – i tamburi – il sole – il dio, il fuoco – i tamburi – il sole – il dio, baccanale – festa – colori – umori, baccanale – festa – colori – umori, uno due tre il ritmo: questa è la storia dell’incontro tra Soca e Afrobeat.

Bentornata Primavera.