Il Fabric è uno di quei prodotti a bassa importazione che, bisogna dirlo, va via come il pane. Limpido, liscio, acclamato, si vende quasi meglio fuori UK che in casa. C’è una ricerca/attesa spesso spasmodica verso questo o quel prodotto o verso questo o quell’episodio di questa serie di compile. Va detto, si sappia, che non tutti i Fabric o Fabriclive sono degni di nota (tipo quello di Radhoo faceva cagare) per questo non li seguo tutti, né ve li segnaliamo tutti. Sono due anni però che i capoccia del locale londinese decidono di iniziare il nuovo anno o giù di lì affidando la sala giochi a uno dei ragazzi di Hessle Audio e così, mentre in Italia si comincia a pensare a quali collant utilizzerà la Littizzetto a Sanremo da Fazio, già l’anno scorso succedeva che Ben UFO tirava fuori una diavoleria con i luccichii con il suo Fabric. Quest’anno il risultato non cambia anzi, si torna a casa Hessle e si convoca a dirigere il luna park Pangaea, uno che con il basso ci scende agli inferi e porta agli after Satanassi e Belzebù in tutta serenità. Zio Pangaea, arrota gli angeli, gli arcangeli e gli ecclesiastici connessi per 70 min di rito esoterico collettivo, mette nel calderone tutto benissimo, che sia bass uk, techno (molta techno) post techno, post dubstep e ho finito i post. Si balla in maniera filiforme e con altissima soluzione di continuità e si urla parecchio da The Sun God a Speedy J. È una sorpresa continua, persino le “pause and reprise” calcolate per il tempo di aprire-bere-richiudere una bottiglietta di acqua amara che gradirebbe persino il buon Zampaglione o chi scrive i post per lui. In Italia, subito! Me lo gioco così il grido di battaglia alla prima dell’anno, ma se tanto mi da tanto… mai occasione mi sarà più lieta.