L’esordio di BeWider lo presentammo in anteprima più di un anno fa.
Da “A Place to Be Safe” a “Dissolve” è passato del tempo, è passato un decennio: il primo disco guardava più direttamente al dub e ai Novanta, il nuovo fa un salto ancor più indietro esplorando i territori scuri della New wave anni 80.
Tant’è che c’è una precisa scelta di suoni vintage e analogici che sono un rimando al passato e, comunque, cercano di incastrarsi bene con un tappeto di sperimentazioni più che contemporanee.
Ci siamo fatti raccontare traccia per traccia tutto questo dallo stesso BeWider.
Per cui, ascoltatene e leggetene tutti.
SHAPING LIGHTS
E’ un brano che è venuto fuori da subito. Avevo voglia di raccontare una piccola storia in un video e questo brano era perfetto.
L’idea di questo ritmo regolare ma lento, con un vena retrò mi ha fatto pensare da subito che aveva a che fare con la Discomusic, quella propria dei fine anni 70/80, ma non con nostalgia, con la fascinazione che quelle atmosfere contenevano, erano ballabili ma rilassate.
Credo che sia un brano semplice, perchè immediato, mi piace come suona e mentre lo componevo, non mi stancava mai, è stata una bella compagnia durante la lavorazione di tutto l’EP.
Vedetevi e ascoltatevi anche il video per capirlo meglio.
HORIZON
Mi hanno detto che questo è un pezzo romantico: a me piace questa definizione, non ci avevo pensato.
Forse sì, è romantico, ed è bello che lo sia. Ho voluto prendermi il tempo che volevo, farlo decantare ben bene, un brano riposato.
E’ stato uno dei pezzi più complessi da realizzare, sia per gli incastri armonici che con i synth analogici spesso facevano a cazzotti, sia perché volevo che avesse una durata inferiore. Invece no, “Horizon” è un brano che ti culla piano piano e l’ho capito dopo un po’ e nel momento che l’ho lasciato libero di andare via ha preso forma ed è venuto su, così, romantico e caldo, guardando l’orizzonte.
BENEATH THE SKY
Quando ero piccolo stavo le ore a guardare il cielo, sono sempre stato affascinato dal volo e dal cielo, non so perché, mi metteva sicurezza.
Di notte ancora di più.
Divoravo i film di Spielberg e tante volte c’era questo rapporto con il cielo e l’infinito, forse mi è rimasta dentro questa cosa: quando si sta bene con se stessi, la sensazione di certi paesaggi di certi spazi, cambia, ti raccoglie e ti riempie. Un brano che con la voce di Francesca Amati e la combinazione dell’orchestra d’archi sull’elettronica, è diventato una parte molto intima del disco, e mi piace questa sua intima positività.
L’idea di contrappuntare con un ritmo deciso e sincopato il meraviglioso suono della voce di Francesca mi restituiva un contrasto molto vitale che manda avanti un flusso sonoro che mi rende molto soddisfatto del pezzo.
WOODS
Questo pezzo è sul tempo. In tutti i sensi, musicale e vitale. Mi piace che ci sia una pulsazione un andamento che cresce, e questa sorta di fisicità viva, come nel legno, nei tronchi degli alberi.
Non vorrei fare troppo il poeta, ma io procedo per immagini, e quando sto facendo un brano che mi restituisce un’immagine precisa, quasi sempre prende il titolo e il senso.
Foreste che scorrono inarrestabili riprese dall’alto, senza tempo: questa l’immagine, sconfinate foreste che scivolano dolcemente sullo schermo. Se provate a sentire il pezzo e pensarci, vedrete che funziona alla grande.
DUST ORBS
E’ il brano più “classico” del disco. Una canzone, una ballata elettronica, la presente voce di Jester at Work è stata la chiave di questo brano. Un muro sonoro che esplode e si ritrae, lo vedo come un respiro e come una nascita.
Compositivamente è un brano che è venuto fuori molto semplicemente e istintiva, ho voluto lasciare anche spazio alla voce di Jester At Work che con il suo tocco e il suo sentire ha reso questa semplicità ancora più ricca.
Può sembrare un brano scuro, ma invece non lo è per niente. Ha una forte carica emotiva e secondo me ha una leggerezza di fondo che anche se si appoggia su un alternanza di pieni e vuoti rimane sempre lì presente, “less is more” e la profondità dell’interpretazione di questo brano ne è la prova.
EVOLVE
Per me la vita è movimento ed evoluzione. Piano piano senza fretta. Ho voluto chiudere il disco con questo brano, che sembra nella sua ciclica e evolutiva strutture protendere verso altro, un ulteriore slancio, ma con un obiettivo preciso. Anche questo un pezzo, è stato molto complesso da comporre. Ci sono diversi incastri sonori e l’orchestra di 50 elementi che entra alla fine, non è stato facile trovare un giusto equilibrio. La cosa più difficile di questi brani è creare il giusto climax, il momento dell’apice e della chiusura, la giusta evoluzione, appunto. Evolve è una traccia che considero il miglior modo per chiudere questo EP.