Poche ore prima che il primo singolo di LIBERATO rimbalzasse sulle bacheche Facebook di praticamente tutti quelli che stanno leggendo queste righe, una persona con cui condivido la città di nascita (incidentalmente, la stessa di LIBERATO) mi aveva fatto ascoltare, in via confidenziale, “9 maggio”. Come spesso mi succede l’avevo ascoltato distrattamente, accorgendomi dei suoni – non per forza originali ma pur sempre graditi – e sorprendendomi per l’uso del dialetto. Appartengo a quella generazione (e forse anche a quel segmento sociale) di napoletani che hanno imparato a conoscere il neomelodico con una certa diffidenza, arrivandone ad apprezzarne le potenzialità solo più tardi. C’è una fase nella vita di tutti quelli che condividono la mia età e/o condizione, in cui si impara ad odiare il neomelodico, dopo averne cantato per anni i testi tutti uguali.