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La forma dell’acqua – 5 modi per raccontare Titanic Rising di Weyes Blood

ACQUA

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Che sia un disco acquatico, lo si intuisce subito dalla copertina: una cameretta con tanto di poster al muro (sono quelli dei gruppi del padre di Weyes Blood, anche lui musicista alla fine degli anni ‘70), un orsetto di peluche, un laptop aperto – tutto sommerso dall’acqua mentre Weyes Blood fluttua placidamente.

L’acqua è l’elemento naturale che avvolge e riempie ogni spazio fisico e sonoro di Titanic Rising. A dirla tutta, non è neanche troppo una sorpresa: già sulla copertina di Front Row Seat to Earth, vediamo Natalie spiaggiata in un paesaggio post-apocalittico; e ancora nei video di Used to Be la scorgiamo aggirarsi in mezzo a laghi artificiali.

Mai, tuttavia, come in questo disco Weyes Blood raggiunge una trasformazione completa in creatura marina e sirena. Durante l’intervista al podcast The Poundcast pubblicata il 29 marzo 2019 Natalie rivela apertamente che qualsiasi elemento sott’acqua la interessa e racconta due cose che ci aiutano a mettere ancor più a fuoco la natura liquida del disco.

La prima riguarda la nascita della copertina. La stanzetta è stata totalmente ricostruita fuori dalla piscina nella quale è stata immersa: tutti gli oggetti sono stati scelti da Natalie e arrangiati insieme a Brett Stanley, fotografo specializzato in scatti subacquei. Il tempo di shooting prima che il set si disintegrasse è stato di poco più due ore. Una copertina del genere era da sempre il suo sogno – in un’intervista si definisce perfino “water baby since childhood”.

Il secondo aneddoto interessa la produzione di Weyes Blood insieme a Jonathan Rado dei Foxygen. Rado è da qualche anno eminenza grigia dell’indie-folk – Light Upon the Lake dei Whitney, Forced Witness di Alex Cameron e God’s Favourite Customer di Father John Misty sono tutte sue produzioni. Rado fa della sua cifra stilistica una conoscenza enciclopedica della musica degli anni ‘60 e ‘80 insieme a una ricerca continua di apparecchi analogici a discapito dell’uso di computer e strumenti digitali.

Durante la produzione di Titanic Rising, racconta Natalie, Rado era ossessionato da un suono che Robert Fripp e Brian Eno erano riusciti a produrre grazie alla sovrapposizione pressoché infinita di note e strati catturati da due registratori a bobina. L’effetto, chiamato poi Frippertronics, era simile a un loop continuo: immaginatevi una singola nota che si ripete diverse volte e che produce una sovraincisione all’infinito. Le note che vengono mandate in loop, durante il passaggio da un registratore all’altro, perdono gradualmente volume, qualità e nitidezza, diventando astratte, melliflue e lontane come un’eco subacquea, spettrale e dissonante. Proprio come la cameretta immersa nella piscina che si degrada in un lasso di tempo molto breve.

Quest’effetto è ovunque in Titanic Rising: a partire dalle tastiere oscillanti di Andromeda alle chitarre bagnatissime in odor di George Harrison in Something To Believe (il cui ritornello recita, curiosamente, the waters don’t really go by me) o ancora l’intermezzo omonimo del disco, sospeso a mezz’aria. Tutto è sommerso. E noi pure.