Quelle due sedie di plastica così, diverse tra loro, vuote, lasciate lì come se qualcuno si fosse appena alzato, nel giro di pochi giorni hanno già conquistato il pianeta.
Un titolo forte, incisivo, che parla tutte le lingue. Quelle di chi in questo mondo o in un altro ha qualcuno di così lontano che non può più essere visto, sentito o raggiunto.
“DeBÍ TiRAR MáS FOToS” di Bad Bunny è già una hit per gli annali e molti, nel descriverlo, hanno parlato di “nostalgia”. Nostalgia di una terra lasciata, lontana nel quotidiano ma ancora così vicina nel cuore. Se vogliamo guardare meglio dentro casa nostra, poi, moltə italianə fuori sede si sono completamente rivistə in quelle sedie e in tutto ciò che in quelle sedie si incarna, dalla frustrazione di una famiglia lontana, a quella di non poter crescere nel posto che ci ha vistə nascere.
Tutto molto vero, ma come nostro solito ci siamo presə un attimo per pensarci meglio. Davvero un disco nostalgico è tutto quello che Bad Bunny e la sua squadra volevano portare al mondo?
La risposta è no, e si trova nei lavori precedenti di Benito, ancor prima che tra le righe del disco stesso.
Due anni fa nel video di “El Apagón”, Bad Bunny inseriva quasi a tradimento un documentario di circa 15 minuti, in cui si parla della diaspora portoricana come un fenomeno forzato. Dalla demolizione massiva dei complessi popolari alla costruzione di resort di lusso, passando per la privatizzazione coatta delle spiagge e dall’elargizione di benefici fiscali appetitosi, negli ultimi 20 anni il governo portoricano ha portato avanti una serie di politiche dedicate al privilegio della borghesia Statunitense a cui di fatto, purtroppo, lo “Stato Libero Associato di Porto Rico” (così si chiama formalmente) fa ormai capo. Senza dilungarci troppo, noi torniamo a parlare di musica ma tu puoi approfondire tutto in questo video, con tanto di testimonianze, numeri e dati.
Anche la campagna promozionale del disco era “site-specific”. Gli ultimi giorni di dicembre, Bad Bunny ha condiviso sui social una serie di coordinate da Google Maps, ciascuna delle quali svelava il titolo di un brano del disco. Tra questi, alcuni si sono rivelati brani particolarmente pungenti, come “BOKeTE” (“buca nell’asfalto” – “Un giorno invecchierai, ti guarderai indietro e ti pentirai / ‘Che la cosa più reale che tu abbia mai avuto nella tua vita lo hai lasciato andare”, velato riferimento alle politiche del governo portoricano che forzano irrimediabilmente la diaspora), o ancora “TURiSTA” (“Nella mia vita sei stato un turista / Hai visto solo il meglio di me e non ciò che stavo patendo”, frecciata non troppo pallida ai grandi favoritismi nei confronti del turismo coatto americano).
DEBÍ TIRAR MÁS FOTOS (HASTA AHORA) 👇🏻📸
2 – VOY A LLEVARTE PA PR
3 – BAILE INOLVIDABLE
5 – WELTITA
7 – EL CLUB
8 – KETUTECRÉ
9 – BOKETE
10 – KLOUFRENS
12 – SANSE? (FIESTA?)
13 – PITORRO DE COCO
15 – EOO
17 – LA MUDANZATrack 1?
Track 4?
Track 6?
Track 11?
Track 14?
Track 16? pic.twitter.com/wWX8SfTDjj— Bad Bunny Network (@badbunnynetwork) January 1, 2025
Inoltre, tutti i visualizer del progetto siano delle vere e proprie slide in cui viene raccontata la storia, la sociologia e la politica di Porto Rico: la bandiera portoricana descritta nel visualizer di “NUEVAYoL“ , il racconto della rivolta dei Lares portoricani (rivolta tentata contro la dominazione spagnola) in quello di “TURiSTA”, la diaspora portoricana riassunta su “CAFé CON RON” e così via.
Una riflessione finale importante sull’intero progetto riguarda la partecipazione quasi esclusiva di artisti e artiste portoricanə, che trova la sua massima espressione nel video ufficiale di “DtMF”, diretto dallo stesso Bad Bunny. Il video vede la partecipazione di un’icona nazionale di Porto Rico, il regista e attore Jacobo Morales che vive in un futuro distopico ma tremendamente realistico in cui Porto Rico è ufficialmente diventata terra americana, e dove tutti gli usi e i costumi tradizionali sono spariti insieme alla lingua, ai luoghi, al cibo e alle persone native boricua.
“Quando ero piccolo, una volta mia madre comprò dei biglietti per andare in vacanza a New York. Quando ci fece la sorpresa ‘Indovinate? Andiamo negli Stati Uniti!’, io cominciai a piangere urlando disperatamente “No! Non me ne voglio andare, voglio restare a Porto Rico”, ha raccontato Bad Bunny a Zane Lowe.
C’è una nostalgia buona, che è la nostalgia del passato. Quella per le cose belle che abbiamo vissuto e che non torneranno, ed è una nostalgia che non può essere vinta, figlia del fluire del tempo e delle cose. Eppure con “DtMF” Bad Bunny è riuscito a raccontarcene anche un’altra, quella di un futuro ipotetico in cui il diverso è da distruggere, da capitalizzare. È una “nostalgia” brutta, una paura oscura e ombrosa, contro la quale però siamo ancora in tempo a lottare.