We Give A French Touch to House Music

testo di Tony d’Onghia
illustrazioni di Flavio Ceriello

Le origini

French Touch, di sicuro anche i più superficiali consumatori di musica da ballare, e non solo, sapranno di cosa si stia parlando, o per lo meno lo intuiranno già dalle prime note di un successo mondiale quale Music Sounds Better With You degli Stardust –firmata tra gli altri da Thomas Bangalter, cinquanta percento del duo dei Daft Punk ovviamente, anno di pubblicazione 1998. Decisamente più difficile stabilirne le caratteristiche, afferrarne l’essenza, se non addirittura ricrearne la magia. Questo articolo ha la pretesa di provare a riuscire nell’impresa, ricostruendone e riassumendone brevemente la storia, ricordandone i principali protagonisti e il loro repertorio, sbirciando all’interno del preciso meccanismo ad orologeria che sta dietro ad i suoi più conosciuti successi come ad i brani meno noti, ma pur sempre degni di essere ricordati. Uno stile musicale che più che risultato di un big bang epocale ha visto il suo sviluppo, e il suo declino, prendere un corso lento ma inarrestabile. Ma partiamo dall’inizio, e cioè proprio dalla sua denominazione, e dalle sue origini.
Nonostante da più parti si attribuisca al giornalista britannico Martin James la paternità del termine –più precisamente, ci si riferisce alla recensione della seminale serie di EP Super Discount, curata dal produttore Étienne de Crécy, per il defunto settimanale Melody Maker– la sua nascita risale ai primi anni 90, in occasione della campagna pubblicitaria della compilation Respect For France, rilasciata dalla allora attivissima label Fnac Music Dance Division. Infatti, a dare il via alla denominazione –se non al genere stesso– fu proprio la frase “We Give A French Touch to House Music” stampata su dei giubbotti promozionali che l’etichetta distribuì tra i djs d’oltralpe ad essa affiliati.
Come si dice in questi casi, il resto è storia. Quella che per l’appunto cercheremo di raccontarvi da qui in avanti.

“We Give A French Touch To House”: bomber realizzato dalla label Fnac Music Dance Division nel 1992 per promuovere la compilation “Respect For France”.

“Da Funk” – La prima ondata

Se è facile risalire all’origine della denominazione French Touch, più complicato è individuarne le radici stilistiche e soprattutto, tracciare una mappa della propria evoluzione. Più in generale, è comunque inevitabile annoverare tra gli iniziatori della scena elettronica e dance francese il dj, label owner e produttore Laurent Garnier e la sua label F Communication. Influenzato dalla techno di Detroit e dalla house di Chicago, all’inizio degli anni 90 Garnier poteva anche già vantare un curriculum di tutto rispetto grazie a i suoi trascorsi dietro la consolle della leggendaria Hacienda di Manchester, un’esperienza questa che lo rendeva ideale catalizzatore di talenti all’interno della propria etichetta, fondata nel 1994. Tra questi Ludovic Navarre, in arte St. Germain. A cominciare dalla sua collaborazione con lo stesso Garnier ed il futuro compagno di label Shazz, col moniker di Choice nel brano Acid Eiffel, fino al suo album d’esordio Boulevard, che grazie alla sua fusione di deep house e jazz, nel 1995 più di tutti attirò l’attenzione dell’influente stampa specializzata inglese, che con i mensili Muzik e Dj Mag in testa per certi versi aprì la strada e divenne decisiva, da quel momento in poi, per il successo di un agguerrito gruppo di giovani produttori e dj che si muovevano all’interno della club scene parigina e che condividevano un amore viscerale per il funk, la disco, l’hip hop e la house più edonistica.

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Ed è proprio intorno a queste coordinate sonore che la più tipica House di stampo francese si muove, con un largo e disinvolto uso di campioni provenienti dagli anni ’70 ed ’80 filtrati ed editati –spesso con tecniche di taglia ed incolla prese in prestito dal più classico hip hop– fino a renderne quasi sempre del tutto irriconoscibili connotati e provenienza; con una spiccata predilezione per il lato più godereccio e frivolo della club culture, un immaginario spesso ben al di là dei confini del kitsch, una costante vicinanza con il mondo della moda ed i suoi cambiamenti unita ad una naturale sensibilità pop vissuta senza troppi sensi di colpa ed un istinto melodico grazie al quale alcuni dei produttori facenti parte di questa scena riuscirono anche a raggiungere il mainstream, o per lo meno a lambirlo, per tutta la seconda metà dei ’90 e primi 2000.
A guidare questa invasione musicale alcuni agguerritissimi djs e producers che ancora oggi, a vario titolo, tengono alto l’onore della “Grande Nation”. Tra i primissimi, il già citato De Crécy, assieme a Philippe Cerboneschi aka Philippe Zdar, titolare del progetto Motorbass, mentre in proprio co-fondatore della label Disques Solid nonché curatore della serie di compilations Superdiscount e contemporaneamente coinvolto in una serie di spin off produttivi sotto vari pseudonimi.
Di fondamentale importanza per la scena il suo contributo, sia nelle vesti di titolare dei progetti La Funk Mob, assieme a Hubert Blanc-Francard aka Boom Bass, che sotto lo pseudonimo di Cassius. Tra questi importanti prime movers, impossibile non menzionare anche Dimitri Yerasimos aka Dimitri From Paris ed il suo album Sacrebleu, con la sua originale fusione di lounge music e disco-house. Uno dei primi best seller di quest’ondata musicale. E naturalmente da questa lista non possono nemmeno mancare i più popolari rappresentanti del French Touch: gli schivi, misteriosi ed imprevedibili Daft Punk.

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C’è qualcosa che non è stato ancora detto o scritto riguardo al gia menzionato Thomas Bangalter ed al suo compagno d´avventura Guy-Manuel de Homen-Christo? Dalla release della fulminante Da Funk ad oggi, il successo dei Daft Punk è sempre stato in costante crescita, al di là dei cambi di stagione musicale e delle mode. Un successo raggiunto dal duo sempre dettando le regole del gioco, definendo l’estetica del cosiddetto french touch per poi rimescolarne a piacimento gli stilemi. E vogliamo dare per scontato che tutti sappiano che i due, dopo tutto, sono esseri umani in carne ed ossa. A chi ancora credesse che tra i Daft Punk e D-3BO e C1-P8 di Guerre stellari esista una qualche parentela, sveliamo un segreto: i due mascheratissimi produttori erano già comparsi ben prima dell’uscita del loro album d’esordio sulle pagine delle principali riviste specializzate proprio come mamma li ha fatti.
Un segno distintivo di questa generazione di artisti è il carattere di famiglia allargata che l’incrocio delle loro carriere ha preso fin da subito. Un affare di famiglia che da una parte vede Bangalter & de Homen-Christo –Daft Punk– avvalersi della collaborazione più o meno sostanziale di alcuni talenti locali fin dai loro esordi, partendo da Laurent Brancowitz (di lì a pochi anni tra le fila dei Phoenix, nelle vesti di membro della avventura indie rock del duo sotto il moniker di Darlin’) passando per DJ Falcon, Alan Braxe e Fred Falke –il primo all’interno del roster Roulé, label fondata nel 1995 da Bangalter; il secondo, co-autore assieme a Benjamin Diamond del già citato successo sotto lo pseudonimo di Stardust; il terzo –insieme a Braxe– autore del classico riempipista Intro, fino alla vera e propria parentela genetica che lega Guy-Manuel al fratello Paul, parte del duo The Buffalo Bunch, uno dei nomi facenti parte della scuderia Crydamoure, influente outlet fondato dallo stesso membro dei DP nel 1997.

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Daft Punk (Thomas Bangalter & Guy-Manuel De Homem-Christo) a Camden, Londra (1995)

Con la sua diffusione a livello mondiale, gli esponenti principali del movimento diventarono delle vere e proprie icone di stile. Memorabili, alcune campagne video realizzate da adidas con i Daft Punk o il connubio con la crew Ed Banger concretizzato in collezioni, party esclusivi e brani utilizzati in campagne virali.

L’attenzione del brand per la scena parigina va oltre la superficie scovando nell’underground i nomi nuovi e più promettenti. Non a caso, ora che la scena techno ha ripreso forza –dopo i fasti del Rex Club, giusto per citare un nome– è pronta a immortalare il momento e a fare la propria parte.

Il primo settembre, in occasione del lancio delle nuove NMD_XR1, ci sarà un party a Parigi in cui musica e arte, passato e futuro verranno fusi per ottenere qualcosa di unico. L’aspetto musicale è lasciato nella giovani, ma già esperte mani di Clara 3000, Bambounou e Maya Jane Coles. Nomi che chi ci segue conosce già, ma che soprattutto rappresentano la perfetta sintesi tra classico e moderno.

Ma andiamo con ordine, torniamo alla storia da dove l’avevamo interrotta.

Un video pubblicato da adidas Originals (@adidasoriginals) in data:

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Come in ogni famiglia che si rispetti, anche in questa l’invidia e le occasioni di litigio non sono mancate. Molto noto ai tempi l’affare Gym Tonic, successo mondiale prodotto in tandem in circostanze non chiare da Bangalter a Christophe Le Friant –meglio conosciuto con il famigerato pseudonimo di Bob Sinclar, già allora produttore di successo e dal 1993 co-fondatore dell’etichetta Yellow Productions– ed inclusa nel suo album d’esordio Paradise, pubblicato nel 1995. L’incerta e controversa paternità del brano e l’enorme successo ottenuto ai tempi non fece che esacerbare ancora di più l’inimicizia tra i due. Peccato, perché il pezzo, per quanto frivolo, ancora oggi funziona.
Ma non erano solo i Daft Punk ad avvalersi di una rete di collaborazioni all’interno della scena parigina. Basti pensare al sodalizio De Crècy/Alex Gopher/Air –sì proprio loro– per la compilation Super Discount ed una fittissima rete di scambi di remixes tra i principali protagonisti di quegli anni. Un esempio fra tanti: l’efficacissima rivisitazione dei Buffalo Bunch di If I Ever Feel Better, primo grande successo dei Phoenix.
Di contendenti, la scena francese di quell’epoca ne ha prodotti davvero molti. Alcuni sono sopravvissuti al suo inevitabile, per lo meno parziale, declino mentre altri sono scomparsi dopo poche releases. Alcuni nomi: Erik Rug – aka Dirty Jesus e Daphreephunkateerz-, Llorca -sulle orme di St. Germain soprattutto nel suo raffinato album New Comer-, David Duriez, DJ Gregory, Demon, I:Cube -uno dei nomi di punta della label Versatile fino ai giorni nostri- Ark aka Guillaume Berroyer e Pepe Bradock aka Julien Auger -insieme sotto la sigla di Trankilou e separatamente, con una menzione speciale per quest’ultimo ed il suo classico Deep Burnt, dato alle stampe nel 1999.

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Philippe Cerboneschi e Hubert Blanc-Francard, meglio conosciuti come Philippe Zdar e Boom Bass (Cassius) x Toilet Paper Magazine

Per chi volesse scoprire, o riscoprire, il repertorio dell’epoca d’oro del French Touch, il consiglio è quello di mettersi alla caccia dell’infinità di EPs che quella scena ha partorito. Impresa non facile visto che i 12″ a distanza di anni non sono sempre reperibili. Un buon numero di album di sicuro interesse provenienti da quelle latitudini e prodotti durante l’era d’oro della dance francese restano comunque di relativa facile reperibilità. A partire da Homework chiaramente, l’esordio sulla lunga distanza del 1997 per i Daft Punk, per passare magari al primo volume della già citata serie Super Discount ed uscito solo un anno prima, uno showcase del talento e dell’originalità da allora inarrivata. Nella collezione di ogni francofilo che si rispetti non può inoltre mancare Pansoul, il primo ed unico album dei Motorbass, elegantissimo, minimale ed organico distillato della migliore house, anno di pubblicazione 1996. Un disco la cui qualità non è stata purtroppo più raggiunta, né dai propri autori né da altri. Di grande importanza anche Picnic Attack di I:Cube, al quale sono poi seguiti altri suoi album altrettanto interessanti. Più avanti nello stesso decennio troviamo anche 1999 –l’esordio dei Cassius, ovvero la nuova identità musicale di Zdar e Boom Bass– Etienne de Crécy ed il suo bellissimo Tempovision. E poi ancora Alex Gopher con You, My Baby & I, Demon con Midnight Funk, Pepe Bradock con Synthèse e tante compilation. Da consigliare sicuramente i rispettivi primi due volumi delle serie Future Sound of Paris e Source Lab, entrambe realizzate dalla label Source e non impossibili da rintracciare e i primi due Paris Is Sleeping- Respect Is Burning, ispirati dal brand-club night Respect Is Burning appunto. A queste si aggiungono la serie French Fried Funk, curata da Ivan Smagghe, influente record dealer dietro ai banconi del Rough Trade shop di Parigi agli inizi del movimento, collaboratore dell’emittente Radio Nova in seguito, fino ad intraprendere a sua volta una carriera di dj e producer che lo ha portato fino ai nostri giorni con il progetto Black Strobe. Sul versante più jazzy tappa obbligata è il secondo album di St Germain, Tourist. Un successo di critica e di vendita forse inaspettato che ha dato il via a tutta una serie di progetti musicali improntati sulle stesse atmosfere.

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Alcuni dei successi da classifica che hanno fatto seguito alla prima ondata del French Touch sono arrivati da produttori che della vera e propria scena facevano parte in maniera solo indiretta ed il cui livello qualitativo alternava dalla piacevolezza dei Superfunk –la loro classica Shining Star è contenuta anche nel mix che accompagna questo articolo– alle più discutibili Starlight di The Supermen Lovers e Lady di Modjo fino al chiacchierato David Guetta, ad onor del vero da annoverare comunque tra i prime movers della scena del clubbing parigino anni ’90, sulla cui discografia chi scrive preferisce non esprimersi. I gusti son gusti, ad ognuno il suo.
Naturalmente le casse in quattro quarti della French House non sono le uniche ad aver caratterizzato dal punto di vista sonoro le produzioni d’oltralpe di quegli anni. Air, Kid Loco, La Funk Mob, DJ Cam e poi qualche anno dopo i Troublemakers e Sébastien Tellier –solo per citare i più popolari– si adagiavano su tempi lenti, ripescavano gli anni ’60, la psichedelia e il soul e prendevano ispirazione dal godfather della scena musicale francese Serge Gainsbourg per rivederne il sound e rilanciarne l’estetica. Se siete tra i pochi che non hanno mai avuto il piacere di ascoltare Moon Safari degli Air –o magari meglio ancora i singoli pubblicati precedentemente a questo e disponibili all’interno della raccolta Premiers Symptomes– riparate alla mancanza e vi si aprirà davanti un mondo.

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Per i i più curiosi di quell’epoca ancora un consiglio, e cioè la visione del film Eden. Liberamente ispirato agli inizi dell’era d’oro della French House e ai suoi protagonisti, la pellicola di Mia Hansen Løve cerca di ricostruire l’atmosfera di quegli anni con tutti i limiti che inevitabilmente ogni film incentrato sulla club culture porta con sé. Anche se non del tutto convincente, un esperimento comunque intrigante.

“Harder, Faster, Stronger” – La seconda ondata

Ai nomi già citati, si aggiungono indirettamente Pierre “Pedro” Winter aka Busy P e Gildas Loaec –luogotenenti dei DP all’interno della loro Daft Trax Company e dei già citati outlet Roulé e Crydamoure e più in generale di tutto quello che concerneva il pianeta Daft Punk. Dai primi anni 2000, iniziatori e protagonisti della seconda ondata di elettronica francese a capo rispettivamente delle labels Ed Banger e Kitsuné. Ad onor del vero, sono in molti a pensare che il French Touch, per come lo avevamo conosciuto, il suo apice e contemporaneamente punto di svolta lo avesse raggiunto con il secondo album dei Daft Punk, il best seller Discovery. La sporca, sensuale jackin’ house del loro esordio da questo momento in poi lascia il posto al synth pop più levigato, a tentazioni prog rock, alla fantascienza.
Da qui, sono in molti a seguirne le orme, spesso abbracciando il suono dell’electroclash e dell’indie-rock e più in generale indurendo ed incattivendo lo stile dei loro predecessori: Archigram, Ernest Saint Laurent, lo scomparso DJ Mehdi, SebastiAn, Kavinsky –che collaborerà con lo stesso de Homem-Christo in Night Call, brano incluso nella colonna sonora del film Drive, Justice, Mr. Oizo, Joakim, Cosmo Vitelli, Popular Computer e tanti altri.

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“Around the World” – I discepoli

Inevitabilmente la rivoluzione sonora francese trovò all’interno della scena dance mondiale molti epigoni, da una parte all’altra dell’Oceano Atlantico, con i successi di Armand Van Helden –You Don’t Know Me, Roger Sanchez –Another Chance– e Pete Heller –Big Love– tra i più conosciuti, perfetti cloni della filter house più tipicamentte french.

Ma anche in Italia la scuola francese ha trovato i suoi allievi: Stylophonic, Crookers, Spiller, Scuola Furano, Fare Soldi. Tutti più o meno in debito con i grandi rivoluzionari dance d’oltralpe. Una rivoluzione musicale che difficilmente si ripeterà in futuro, ma della quale stiamo ancora vivendo di riflesso gli effetti benefici.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei protagonisti italiani di raccontarci quel determinato momento storico.

«Volevamo essere tanto intelligenti, tanto hardcore, tanto senza compromessi. E però quando partiva il basso di “Around the world”, ma come si faceva a non battere il piede?! Eh ma non farti vedere, che la cassa in quarti è roba da truzzi, vuoi mettere i casotti di Dj Shadow.
La verità è che la French Touch non l’abbiamo mai cercata, abbiamo tentato di divincolarci, di evitarla, fino a che non ci siamo dovuti arrendere: quella musica era bellissima. 
Aveva i sample che avevamo imparato a conoscere dai dischi hip hop, aveva delle vibrazioni buonissime, faceva sorridere le ragazze mentre la ballavano. 
Era impossibile non amarla. E quindi in pochissimo abbiamo fatto tutto il giro: Daft Punk, Crydamoure, Roulé, Vulture, Respect is Burning, Pansoul, Super Discount, e tutto quello che c’era da sapere, da sentire, da amare. Quell’ondata fu incredibile, una marea di musica dance bellissima e godibilissima, fino alle cose minori come i Modjo o Supermen Lovers.
Tutti felici in pista, tanto groove, tutti amici. Poi dopo qualche anno di agghiacciante tech-house, qualcuno si stufò e arrivò l’ondata Ed Banger che era decisamente più rock come spirito ed electro come sound, ma insomma, butta via le adorabili follie di Oizo o i bassi di gommina dei primi Justice. 
Momento topico? 
I Daft Punk piramidati a Torino nel 2007: noi c’eravamo e altre 80.000 persone (machedavero?!?) con noi.
Non ci può essere climax migliore per la French Touch in Italia che 160.000 piedi che saltano all’unisono quando parte “One More Time”.»

– Fare Soldi

«Il mio ricordo sensibile dell’invasione French Touch risale ovviamente al periodo di Dimitri From Paris, Motorbass, Air, Daft Punk, Gilb’R ed I:Cube. Parlo del 1995/1996, quando tutti eravamo interessati alla scena UK del trip-hop, del D&B e breakbeat… poi, prima piano piano, tramite la Mo Wax ed alcuni album trip hop della Yellow (la allora label di Chris The French Kiss, aka Bob Sinclar) e poi con veri e propri schiaffi in faccia a suon di etichette major, arrivarono gli album che cambiarono il pop (Air) e l’house (Daft Punk). Ricordo che suonavo il singolo “Da Funk” dei Daft Punk nel 1996, ancora sulla label inglese Soma, come un brano di estrazione big beat, assieme alle cose dei Propellerheads e Fat Boy Slim… poi, con l’uscita dell’album Homework, ed anche quello dei Motorbass, la scena breaks cominciò ad ammettere quell’ibrido a cassa dritta, con i campioni filtrati ed un groove irresistibilmente tutto suo. I miei produttori preferiti erano Gilb’R ed I:Cube, sia singolarmente, che nel progetto Chateau Flight, ma come DJ capeggiava Monsieur Dimitri, con quei DJ set ibridi tra Disco ed House sporca, allora quasi irriverenti, nel contesto della musica muscolosa che girava nei club underground. In seguito, sinceramente, ho seguito le evoluzioni French fino ad un certo punto, non nutrendo un grande interesse per la Ed Banger… il mio French Touch rimane quello descritto sopra.»

– DJ Rocca

«Cos’è il French Touch? Boh. Quando andavi nei negozi di dischi dovevi chiedere la “filtered house” per farti capire, di solito quindi gran samples disco in loop. Quando dicevo a quelli più grandi di me che mi piacevano i francesi e loro dicevano “Chi? Laurent Garnier?”. Quando parlavo invece con quelli più “piccoli” di me iniziavano a parlarmi di Ed Banger, Sebastian, Justice e Daft Punk. E la Yellow con i pezzoni di Bob Sinclair e le africanate di Martin Solveig? Dimitri from Paris dove lo mettiamo? Dj Gregory?
Che musica era? Boh, sostanzialmente house. Che genere? Boh, io la chiamavo roba per gente a cui piace il rap, ma vuole ballare house, tipo gran samples e bassline spesse. Molto spesso tracce con elementi malinconici, avete presente il giro di basso di Lady dei Modjo o con linee di basso che spacco tutto, tipo Intro di Alan Braxe o Together?!
Sappiate che io vivevo a Gorizia, e nonostante avessi solo l’1% delle informazioni che circolavano, volevo essere a Parigi in quel momento!
Poi SebastiAn e Kavinsky, se volete, ma finisce che fate la figura di quelli che a Dublino chiesero ai Daft Punk, che erano accompagnati dai Justice in tour, di fare una foto assieme ai loro beniamini con la croce e il chiodo.
Per darvi alcune dritte musicali ho fatto una piccola playlist di 15 brani.»

– Borut, Scuola Furano

«Per me il termine “French Touch” rappresenta la decade dal 1995 al 2005 circa, quello che è successo poi, specialmente grazie all’Ed Banger, è un altro capitolo. Alcune caratteristiche che al tempo fecero scalpore nel mondo dell’elettronica furono l’utilizzo artistico di limiter e compressori, l’originalità dei samples scelti, il trattamento ossessivo dei loops. Parlando di album, tutte queste caratteristiche sono ovviamente presenti in “Homework” e “Discovery”, ma non solo, anche “Paradise” di Bob Sinclar e “Sacrebleu” di Dimitri From Paris sono delle pietre miliari del genere. Una semplice traccia che ebbe una enorme influenza su di me fu “On Da Rocks” di Bangalter, estratta dall’EP “Tracks On Da Rocks”, anche “Together” di Falcon e Bangalter è stato un saggio sull’arte del sampling. Ricordo la prima volta che sentii suonare “Music Sounds Better With You” da Dimitri From Paris al WMC di Miami e tutta la “daft crew” era in pista. Non riesco a ricordare altri brani che crearono un buzz simile tra di DJ, c’è chi si sarebbe venduto la casa per averlo prima della data d’uscita. Altri importanti contributi al genere: i “Superdiscount” di De Crecy e Gopher, i primi lavori dei Phoenix, “Intro” di Alan Braxe, “La Mouche” di Cassius remixato da Falcon, la discografia Crydamoure. Ne starò senz’altro dimenticando molti, è mportante però sottolineare che nello stesso periodo esisteva anche un’altra Francia, che senza attenersi alle caratteristiche della “french touch” faceva comunque della musica incredibile, vedi Pepè Bradock, St Germain, Air, I:Cube, Chateau-Flight, DJ Gregory, DJ Deep, Julien Jabre… giusto per menzionarne alcuni.»

– Spiller