Secondo una certa scuola di pensiero, la musica che prende le mosse da un intento “politico” per essere veramente efficace a livello più vasto possibile, per elevarsi allo status di “universalità”, dovrebbe tenersi ben lontana e dagli slogan ad effetto, trattando la materia piuttosto in maniera indiretta, trasversale. Un po´come le canzoni d´amore meglio riuscite, quelle che in genere non includono nel testo la parola “amore”, appunto. In questo suo nuovo, concettuale album intitolato “Brute”, Fatima Al Qadiri affronta di petto un tema di sempre bruciante attualità come quello del controllo –da parte delle autorità che rappresentano le forze al potere– sui singoli cittadini e sul loro diritto a manifestare il proprio dissenso. Dichiarando le proprie intenzioni a partire dal comunque riuscito artwork e passando per i titoli dei singoli brani per arrivare ai campionamenti usati per introdurli, l´artista cade però nella trappola del didascalismo facile e finisce inevitabilmente per predicare solo ai già convertiti. Anche la sua produzione, come era già successo nel suo album d´esordio, suona alle orecchie di chi scrive piuttosto bi-dimensionale incorporando elementi, soprattutto ritmici, che fanno prevedibilmente riferimento alla dubstep su composizioni cupe, vagamente minacciose, costantemente inquietanti. Un album che convince fintanto che non se ne perde di vista la natura di puro gesto di denuncia e l´indignazione che vuole esprimere. Di sicuro interesse comunque per i tanti appassionati dell´etichetta Hyperdub per la quale esce sul mercato.